di M. E.
Chi è cresciuto negli anni ’60, periodo in cui le manifestazioni di piazza erano la lingua con cui parlava il popolo, negli ultimi tre anni avrà riscontrato qualcosa di diverso nel diritto ad esprimere il proprio pensiero, non solo in piazza, ma in qualunque contesto in cui ci si trovi a confrontarsi su qualsivoglia questione “calda”.
Tutto è iniziato con la psico-pandemia. Teatrino costruito ad hoc per testare quale il livello di accettazione la popolazione potesse sostenere a fronte della compressione delle libertà individuali. Si è così innescata la lobotomizzazione di massa e l’azzeramento della capacità critica. Si è passati poi al conflitto tra la Confederazione Russa e la NATO. Conflitto che invece molti reputano esistere tra Russia ed Ucraina. Profondo errore culturale questo. Infatti non potrà mai esistere una guerra contro una regione che la Russia considera da sempre parte della propria identità.
A meglio condire la vita quotidiana si sono aggiunti inoltre i temi del caro bollette, della transizione ecologica, delle scie chimiche, del gender e del transumanesimo.
Ed ecco che le manifestazioni di piazza, i dibattiti pubblici e televisivi, o una semplice chiacchierata al bar, sono divenuti occasioni per essere immediatamente etichettati come appartenenti ad una fazione da disprezzare e tenere lontana. E la fantasia ha trovato sfogo con etichette quali: novax, complottista, negazionista, untrice, assassina, guerrafondaia, putiniana, terrapiattista e compagnia cantando.
Tale approccio aprioristico di una parte della popolazione (dei medici, dei media e della politica) ha reso di fatto impraticabile qualsivoglia forma di dialogo. Il muro del pregiudizio e dello stereotipo ha dato luogo all’incapacità di una delle parti a confronto di ascoltare criticamente o di analizzare coerentemente i fatti esposti (spesso corredati di documentazione ufficiale).
La tendenza alle repressioni e ai divieti di manifestare hanno ovviamente spinto le persone ad aguzzare l’ingegno: era necessario trovare un nuovo modo, pacifico, per esprimere il proprio pensiero, coinvolgere le persone e destare le coscienze, e che questo non comportasse la violazione di norme giuridiche e non compromettesse l’ordine pubblico.
È così che Ilham e Monica della compagnia teatrale Smart Mobs (canale YouTube), hanno ideato un flashmob che possiamo definire azione manifesta. Smart Mobs nasce infatti per dare voce a tutte quelle tematiche con impatto sociale. L’idea di Ilham e Monica era quella di poter diffondere argomenti delicati e un po' tabù, insinuando interrogativi in chi si sarebbe imbattuto nelle loro rappresentazioni. Veicolare uno o più argomenti attraverso una maschera. Impatto visivo immediato. Non una manifestazione o un corteo (soggetti ad autorizzazione e forse a discrezionalità) ma una passeggiata tra amici nel cuore di Roma nella notte di Halloween. Notte di notoria stravaganza. Un’idea simile a quella venuta a Wonder Vale (Valentina) e Taty (Tatiana): amministratrici dei gruppi regionali e provinciali dei Dissociati liberi di Telegram. Le ragazze, conosciutesi grazie ai social e ad eventi locali, hanno quindi unito le loro forze, dimostrando una straordinaria capacità collaborativa e di coesione.
Azione Manifesta si è rivelata essere un mezzo efficace per dare visibilità alle tematiche che oggi ci affliggono senza diventare qualcosa di “attenzionabile” dalle Forze dell’Ordine. Le quali troppo spesso abbiamo visto inseguire anziani senza mascherina o misurare il moto oscillatorio delle camionette.
Peccato che siano state proprio le Forze dell’Ordine le prime vittime di questo nuovo ordine pubblico continuando ad eseguire ordini dalla ratio illogica.
Le nostre quattro ragazze, coadiuvate da un gruppo di circa 30 persone, hanno così deciso di sfilare per le vie dei locali di Trastevere a Roma. Le maschere utilizzate rappresentavano medici vaccinatori, zombie, pazienti nel post operatorio, militari (no alla guerra), indigenti (caro vita…il peggio deve ancora venire), Mr. Super Green Pass e persino i protagonisti dell’agenda 2030 : Schwab, Biden, von der Leyen e Gates.
Roma si è trasformata in un palcoscenico del teatro di questa azione manifesta, proprio nel suo centro storico, nelle vie in cui circolavano le poesie di Trilussa, primo attivatore del pensiero libero e critico che oggi è quasi scomparso.
E così percorrendo le strade di Trastevere, perdendosi nei vicoli oppure passando davanti ai gabbiotti dove ancora viene iniettato il siero miracoloso i cui effetti avversi sono ormai una realtà riconosciuta da tutti, il gruppo di oltre 30 persone si è lasciato volentieri fotografare e filmare da passanti e turisti. La principale attrattiva è stata l’uomo mascherato da Super Green Pass il cui successo è stato trasversale tra grandi e piccini.
Le reazioni delle persone, inconsapevoli spettatrici non paganti, sono state le più disparate di fronte allo sfilare delle maschere e dei messaggi rappresentati: “No alla guerra”, “lo dice la TV”, “nessuna capacità del siero di bloccare la diffusione”, “quest’inverno ti lavi o ti riscaldi?”. I più giovani: incuriositi e sorridenti, alcuni spavaldi e fieri di essersi uniti alla passeggiata. I più maturi: madri e padri di famiglia, esterrefatti ma con un barlume di gratitudine negli occhi.
Molte persone, desiderose di vedere la “sfilata”, si sono riversate in strada o si sono affacciate dalle vetrine dei locali trasteverini.
La maggioranza delle reazioni è stata entusiastica, come riportato dalle 4 ragazze: le persone si sono avvicinate, hanno compreso, alcune hanno domandato e qualcuno ha applaudito. Ma non sono mancati borbottii verso questa azione di sensibilizzazione. Segno questo che una fetta di persone ancora non si pone sufficienti dubbi o crede ciecamente a ciò che “dice la TV”. Unico neo della serata quando la DIGOS ha contestato come “non consentita” l’idea di utilizzare il simbolo di una bara per descrivere la morte della Costituzione. Ovviamente per ragioni di buon senso i partecipanti all’iniziativa non hanno reagito al chiaro abuso di potere per non inficiare l’esito positivo fino a quel momento raggiunto. Non vilipendio ma riaffermazione della volontà popolare di ripristinare Tricolore e Costituzione dando loro nuova vita.
Chiedendo alle nostre protagoniste cosa le abbia spinte in questa avventura rispondono che “l’intento di Azione Manifesta è stato quello di esprimere con semplicità il proprio pensiero attraverso sé stesse”; la motivazione invece quella di “difendere la libertà di scelta avendo a disposizione i mezzi che la rendano consapevole”. È o non è, la libertà, uno dei valori fondanti dell’Essere Umano?
Un segnale chiaro è stato dato: è possibile dissentire senza clamore, attirando l’attenzione senza per questo violare leggi, restrizioni o regolamenti. Un’azione manifesta e non una manifestazione, una passeggiata e non un corteo, un gruppo di amici e non un aggregato sedizioso di facinorosi. Fare sensibilizzazione e mostrare il dissenso è possibile in barba allo Stato che vuole privare i cittadini non solo della libertà di movimento, ma anche di quella di pensiero.
M. E.
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